19/02/14

Aforismi e pensieri inceneriti LXXII






L'angelo dureriano, immerso nello melancholia, preannuncia il momento contemplativo che segue all'apex malinconico. Saturno è infatti reggitore degli spiriti contemplativi, come già in Dante. La malinconia è pericolosa, tuttavia dolce perché rivela il volto invisibile del nemico di sempre con cui conviviamo, spesso senza accorgercene. La malinconia è tempo smascherato.

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Il serpente edenico muta pelle in Ouroboros.
La Caduta è schianto infinito.

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Il ritorno alla dimensione divina è figlio della consunzione in cui ci ha gettati quella profana. Credere per spossatezza. Siamo larve celesti.

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I manifesti delle persone scomparse, quel senso di profondo disagio nell'osservarli, indubbiamente superiore alla vista d'un annuncio mortuario incastonato in una qualsivoglia muro o bacheca. Il regime ineluttabile, la "realizzazione" ultima conferiti da un decesso ci confortano con la loro irrevocabilità. "E' morto, ha esaurito quella stupefacente ed incomprensibile azione che chiamiamo vita". Non è così a riguardo d'una scomparsa. Quel volto che fa capolino dal rettangolo di carta, isolato, messo a nudo, vivisezionato nella sua precarietà, ci indica un'incertezza capitale in merito al destino della persona che lo incarna.
Gli scomparsi, quelli che non verranno mai ritrovati, godono di una patente d'immortalità, rivestita dall'alone tragico degli affetti interrotti. Viene in mente Dio, scomparso da sempre. O chissà, un volantino universale ancora a venire, privo di segni che riconducano a un'identità definita. Un semplice contorno, bianco l'interno.

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L'informazione è sempre in tempo irreale.


06/02/14

Aforismi e pensieri inceneriti LXXI




L'odierno Lucifero.
Invidioso del fallimento di Dio.

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A Ciudad Juarez si consuma, da più di vent'anni, l'incessante olocausto di giovani donne che lavorano nelle maquiladoras, avamposti delle multinazionali straniere in terra messicana. L'oblazione di queste vittime si erge a tragico simbolo ctonio di un pianeta inchiodato all'altare sacrificale della produzione industriale, con tutte le commistioni che essa comporta; l'alimento perpetuo, destinato all'edonismo globale dell'homo oeconomicus, è infatti fornito dalla diarchia funebre preposta all'esercizio di questa potenza produttiva: il Messico dei narcos e l'America dell'idolatria tecnologica. Le vittime scompaiono, inghiottite nel Nulla del nostro deserto ricreativo.

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Tutti gli antropologi concordano nel definire l'uomo come " un essere che aspira a superarsi ". Millenni d'esperienza non sono stati sufficienti a interrompere il suo vaniloquio. Persino ora, proteso verso una regressione illimitata, mantiene inalterata la propria boria. Un saggio immobilismo, un'inerzia illuminata potrebbero, se non proprio salvarlo, quantomeno circonfonderlo di un'aura dignitosa. Ed invece preferisce avanzare, non importa in quale direzione. Ha urgenza di decomporsi diversamente.

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Transit umbra sed lux permanet (passa l'ombra ma la luce rimane). Viviamo sepolti dalla luce artificiale, in un perpetuo inquinamento del numinoso. E' ancora luce quella che ritroviamo lungo i viali e negli anfratti sfolgoranti delle nostre tebaidi metropolitane? O è forse maquillage di tenebra, travestimento d'ombra per chi ha abolito ogni comprensione dell'oscurità?

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Figli del nostro tempo, dell'epoca e della menzogna storica, cronolatri incorreggibili, obliteriamo l'istante in un'aritmetica della pura dissoluzione. I sufi sono detti " figli dell'istante ", ibn al-waqt. Per il buddhismo il risveglio si compie in un unico istante così come nella tradizione indiana la visione di Dio, detta sākṣātkāra, contempla una percezione immediata. La Creazione, afferma Meister Eckhart è opera istantanea, avviene in un Ora presente che racchiude ciò che è, era e sarà fra mille anni. Abolire il regime della successione temporale non è che partecipare al balenio divino, aderire al suo palpito immenso, battito immutabile che schianta e genera i mondi.

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L'incantesimo di certa musica " superficiale ", messo in scena da registi come Lynch e Kubrick. Dove sta il trucco?
Nella dialettica tra violenza e dolcezza, tra mostruosità e candore evocata dalla simbiosi d'immagine e suono. Ma soprattutto in un'assurda ed inaudita fragilità che, a dispetto di creazioni musicali più elevate, ha la coerenza d'assomigliare alla vita.

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Vivere in prossimità del Creatore, suo estimatore discreto, collezionandone i trionfi e le disfatte, non senza una buona dose di curioso dilettantismo. Tuttavia non si visita Dio. Mi chiedo quanto potrà durare.